La Monaca di Monza, una storia moderna

“Il segreto della Monaca di Monza” (Fabbri,  528 pagine, € 12,90), un romanzo storico appassionante. Una storia diventata immortale grazie anche ad Alessandro Manzoni che ha trasformato le vicenze di Suor Virginia in uno dei personaggi più belli e controversi dei “Promessi sposi”....

«La storia di Virginia è molto attuale per diversi motivi. Il contesto dell’Italia spagnola è molto più simile alla società dei giorni nostri di quanto si creda. Le molle dell’agire sono sempre passione, denaro, potere. Ci sono personaggi cui tutto è concesso, corruzione e malgoverno, malagiustizia e piccoli interessi di parte, pettegolezzi, discriminazioni, ostentazioni di lusso, amori clandestini, dispute tra potenti, problemi col fisco, atteggiamenti mafiosi e clientelari, spinte autonomiste, piaggerie e dislivelli sociali.

 La condizione delle donne è difficile, sia per quelle che vengono dal basso (come Caterina la conversa) sia per il top della scala sociale come Virginia, che è la figlia del conte di Monza. Virginia si lascia monacare per non scontentare il padre, affamata d’amore com’è. Era rimasta orfana della mamma, uccisa dalla peste, a un anno di vita, ed era stata allevata negli stanzoni freddi di palazzo Marino dov’era nata da una zia maniaca religiosa.

Per ottenere l’amore di quel padre distante, borioso ed egoista avrebbe fatto qualunque cosa, compreso lasciarsi derubare della sua eredità. Motivazioni meschine e comportamenti squallidi: in grande don Martin de Leyva non onorò mai il suo impegno col convento e usò il suo potere per truffare le suore, “dimenticando” di versare l’intero importo pattuito al monastero. Un cialtrone molto moderno, vero? Vivesse oggi, invece che a cavallo andrebbe in giro in Suv».
Com'è nato l'interesse verso questo personaggio?
«Anni fa mi sono resa conto di saperne molto poco. “La sventurata rispose”, dice Manzoni, sintetizzando nell’ultima edizione dei Promessi sposi la storia di Virginia/Gertrude alla quale aveva dedicato molto più spazio nelle edizioni precedenti. Ma come rispose? A chi rispose? Perché rispose? E che cosa accadde dopo che rispose? Così ho cominciato a cercare, a studiare. E il mondo che mi si è aperto davanti mi ha lasciato basita. C’erano tanti personaggi, non solo Virginia, con una grandissima storia da raccontare, per poter render loro una sorta di giustizia postuma».

Quali documenti ha messo insieme come un puzzle?
«Prima di tutto gli atti del processo. Un mondo che parla, vive, palpita da quelle pagine. Descrizioni di fatti, di volti. E poi parole, la voce di ciascun testimone, di ciascun imputato, del cancelliere, del giudice e pure l’operato del boia. E poi i contemporanei del Seicento, come padre Rivola, biografo di Borromeo, o Ripamonti, che fu una fonte importante anche per Manzoni. E lo stesso Federico Borromeo, penna fecondissima.

Una storia di bene e male, di redenzione. Di colpa e di scelte. Il mondo di oggi avrebbe bisogno di personaggi "buoni"  che credono nella salvezza dell'anima?
«Tutto va letto nel contesto di quel tempo: anche un uomo che ci si aspetterebbe di mente aperta come Galileo costrinse le sue due figlie (illegittime, perché non ne sposò mai la madre) a monacarsi perché non aveva i soldi per sposarle, per esempio. Il figlio maschio Vincenzio, illegittimo anche lui, invece lo fece laureare in legge e sposare. Il privato dei “grandi”, anche quelli che riteniamo “buoni”, riserva sempre qualche delusione e a volte brutte sorprese.Credo che il mondo abbia bisogno di persone che credono nell’operare il bene e che rispettano anche i corpi, oltre alle anime. 

Un romanzo corale che tratteggia tanti personaggi che hanno accompagnato la vita di Virginia...
«La storia di Virginia è la storia di molte altre persone. Prima di tutto Giovan Paolo Osio, il suo amante, ovvero l’Egidio di manzoniana memoria. E poi le sue consorelle che le furono complici o nemiche o anche vittime, come la conversa Caterina, una sorta di arrampicatrice sociale finita male. E gli abitanti di Monza, dove si consumò la tresca e il successivo scandalo. E Borromeo e il governatore Fuentes e i conti Taverna che tradirono Osio e i magistrati e gli esecutori di giustizia… Un centinaio di personaggi storicamente esistiti che agiscono nel romanzo».

Il fascino del male in questo libro colpisce perché inconsciamente si simpatizza con le vicende di Virginia, vedendola più come una vittima di ingiustizia che come una carnefice...
«Virginia oggettivamente fu più vittima che carnefice. Vittima della propria incapacità di ribellarsi al padre prima, poi vittima della sua passione fisica, carnale, nei confronti del bell’Osio. Era anche convinta di essere stata vittima di un incantesimo. Una stregoneria che tutti quelli che amano conoscono, ma lei non lo sapeva. Si fece perfino esorcizzare. Ma senza Giovan Paolo non riusciva a stare. Da lì i rischi terribili in quasi dieci anni di relazione clandestina con due gravidanze e infine gli omicidi perpetrati da Osio per far tacere chi parlava troppo e metteva a rischio il loro amore. Uccise tre persone. Ma, assurdamente, uccise per amore. Per non far finire la loro storia. E anche lui, delinquente e impudente, risulta quasi simpatico, anche per una certa ingenuità di fondo che caratterizzò sempre i suoi comportamenti, e per il suo incredibile senso paterno, anche questo molto moderno: la figlia che Virginia gli diede, esponendo entrambi a un rischio spaventoso, lui la riconobbe ufficialmente davanti a un notaio e la allevò in casa sua, trepidante e protettivo. Un modello di padre ben diverso da quello di Virginia. Se fosse vissuto abbastanza, viene da dire che lui la sua Alma non l’avrebbe di certo costretta a monacarsi».

 ADRIANA FALSONE